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martedì 2 aprile 2013

Le uova di Pasqua - come le coloriamo noi, all'ungherese:

(sono cosciente del fatto che questo post sarebbe stato utile magari una settimana fa ma, siccome sono stufa di chiedere scusa per il mio eterno ritardo, ho deciso che questo sarà un post in estremo anticipo per la Pasqua del 2014. ecco. non mi pare vero che finalmente non solo sono riuscita ad arrivare in tempo ma addirttura in anticipo! bello ribaltare la prospettiva ogni tanto - ma anche sempre  :)

Quindi, siamo nel 2014 e tra pochi giorni è Pasqua. Per decorare le uova  in maniera semplice e naturale, seguite il mio foto-tutorial minimale.
 Il risultato:

Ecco il procedimento:

Durante il mese che precede Pasqua si mettono da parte le bucce (secche) delle cipolle rosse (ci vuole circa una mezza pentola di bucce secche). In giardino/parco/balcone si raccolgono erbe ed erbacce di varie forme che si utilizzeranno come stencil. Si appoggiano sopra le uova, si mettono dentro un collant e si legano con il filo a mò di salsicce (sarà il collant aderente a tenere ferma la foglia o il fiore).
La "collana di uova" si mette delicatamente nella pentola e si porta a ebollizione insieme alle bucce di cipolla a fuoco lento per circa 10 minuti quindi si lasciano raffreddare, si liberano dalla calza e alla fine si lucidano con del grasso vegetale (olio) o animale (burro). L'uovo sarà lessato, colorato con del colore naturale quindi commestibile a cuor leggero. :)

Ecco, questa volta ho battuto sul tempo tutti! :D

venerdì 14 dicembre 2012

C'era una volta un pallet...


...che è diventato un albero di Natale: un pò minimale, un pò ricicloso, un pò rustico, un pò simbolico ma pur sempre un'albero di Natale.
Negli anni passati abbiamo tentato di prendere un albero vero per poi ripiantarlo in giardino ma ci è andata sempre male. Quest'anno abbiamo deciso di risparmiare la vita ai poveri alberelli e dedicare attenzione più all'idea del Natale e a quello che rappresenta che non all'oggetto in sè.

Ecco alcuni passaggi della preparazione del nostro alberello:

(il pallet è stato smontato, levigato, assemblato, poi dipinto in maniera grezza)

 (posizionato e addobbato)
Addobbato come? Con palline di lana gialla e lana naturale d'Abruzzo, con dei cuoricini fatti di argilla insieme ai bambini qualche anno fa. Abbiamo tirato fuori anche il nostro presepe fatto in casa ricavato da pezzi di legno avanzati e i funghetti che non c'entrano niente ma mettono allegria. Che ve ne pare? E per tutto questo non abbiamo sprecato niente, nè soldi, nè risorse materiali ed energetiche solo un pò di tempo.
 

Tutto qui. A noi piace. A voi?

venerdì 30 novembre 2012

Una seconda vita per le vecchie magliette

Vi ho preparato una piccola collezione di progetti e idee. Spero che troviate la giusta ispirazione per riciclare le vostre magliette. Cliccando sulle immagini vi ritroverete alla fonte così da poter approfondire l'argomento.


giovedì 24 maggio 2012

Trasformare...

...vecchi capi inutilizzabili.  Come passatempo e per principio. 


In questo caso una vecchia maglietta con lo scollo allargato a dismisura è diventata una minigonna (?!). Detto così mi fa quasi impressione in quanto io non sono assolutamente tipo da minigonne. Ma. Intanto ho recuperato una maglietta che non mi poteva più essere utile, poi ho aggiunto una minigonna (!!!) al mio guardaroba. Olè! :)

giovedì 8 marzo 2012

Come riciclare un pallet (o pedana/pancale)

Ho preparato una piccola raccolta di idee che potrebbero essere utili per costruirsi dei mobili partendo da un pallet. Chiaramente ci vuole molto senso pratico o un compagno volenteroso e/o facilmente corruttibile.

Ecco qualche esempio ingegnoso:

venerdì 17 febbraio 2012

Il riciclo creativo…

...di un vecchio maglione dismesso e infeltrito. Ci servivano al volo un paio di scaldamuscoli per impedire che la neve s’intrufolasse negli scarponcini dell'arrampicatore infaticabile. Ed ecco fatto. Due gesti decisi ed ecco che le maniche del maglione diventano esattamente quello che ci serve – senza correre subito a comprarlo.

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lunedì 17 ottobre 2011

Un esperimento: lana alla barbabietola


Si, sperimentare mi piace. Mi piace immaginare una cosa, adoperarmi per realizzarla e cercare di prevederne il risultato. Questa volta ho provato a tingere la lana con del colore naturale.

sabato 8 ottobre 2011

Ancora sapone... ma non solo.

Oltre al sapone, abbiamo "autoprodotto" anche lo stampo per farlo. Segue tutorial fatto dall'uomo di casa.

venerdì 7 ottobre 2011

Ancora sapone!

Eccomi con altri 5 kg di sapone! Nella mia solita maniera compulsiva ho dovuto fare di più, provare, sperimentare, cercare i limiti (miei e della materia)...


martedì 27 settembre 2011

Sapone autoprodotto

Lo ammetto, sono una grande promotrice dell'autoproduzione. Per come la vedo io, fare da sè le cose necessarie ci rende più liberi dai meccanismi del mercato consumistico, diventiamo sempre meno complici di un sistema "produci-consuma-crepa" e sempre più indipendenti nel creare ciò di cui abbiamo bisogno per vivere. Inoltre si è più attenti all'ambiente, si produce meno packaging, meno rifiuti, si fanno circolare meno camion per le strade e si utilizza una minor quantità di chimica industriale nel nostro quotidiano.  E, fatto non trascurabile in questi tempi di crisi, si è più attenti anche al portafoglio.
 Dopo l'autoproduzione di yoghurt, di farina, di conserve di pomodoro, di vari giochi, di pasta modellabile, di cappellini,  di ferri da calza, di portapenne per i bimbi, ecc. ora è la volta del SAPONE FATTO IN CASA.

domenica 1 marzo 2009

La famosa "parabola" dello yogurt

Io personalmente autoproducevo lo youghurt già nel lontano 1998, con meno consapevolezza ma tanto entusiasmo, ma poi quest'abitudine è andata persa per forza di cause maggiori. Un pò perchè sono nati i bambi, un pò perchè non facevo che rincorrere i professori e le scadenze all'università, un pò perchè la gestione del tempo si è rilevata una cosa assai ardua e un pò per pigrizia, lo ammetto. Un bel giorno, circa due anni fa mi è capitato tra le mani il libro di Maurizio Pallante e mi sono sentita talmente colpevole per ragioni ovvi che ho subito ricominciato ad autoprodurre lo yoghurt a casa. I rospi lo adorano, specialmente se riesco a reperire del latte crudo - allora sì che ci esce uno yoghurt da leccarsi i baffi.
Io lo yoghurt lo faccio con la yoghurtiera, perchè ce l'ho e perchè è pratico e perchè per quanto riguarda il consumo energetico incide veramente poco (anche dal punto di vita economico: consumando 12 watt all'ora il suo funzionamento per 12 ore costa si e no 5 centesimi).
Comunque c'è un'altro modo altrettanto valido per preparare lo yoghurt a casa senza la yoghurtiera.


(le foto sono di stamattina)


Per chi non lon conoscesse, ecco la famosa "parabola" dello yogurt di Maurizio Pallante


Lo yogurt autoprodotto facendo fermentare il latte con opportune colonie batteriche non deve essere trasportato, non richiede confezioni e imballaggi, costa il prezzo del latte, non ha conservanti ed è ricchissimo di batteri.

Lo yogurt autoprodotto è pertanto di qualità superiore rispetto a quello prodotto industrialmente, costa molto di meno, contribuisce a ridurre le emissioni di CO2 perché non comporta consumi di fonti fossili per il trasporto e per la produzione dei contenitori usa e getta, non produce rifiuti.

Tuttavia questa scelta, che migliora la qualità della vita di chi la compie e non genera impatti ambientali, comporta un decremento del prodotto interno lordo: sia perché lo yogurt autoprodotto non passa attraverso la mediazione del denaro, quindi fa diminuire la domanda di merci; sia perché non richiede consumi di carburante; quindi fa diminuire la domanda di merci; sia perché non richiede confezioni e imballaggi, quindi fa diminuire la domanda di merci; sia perché fa diminuire i costi di smaltimento dei rifiuti.

Ciò disturba i ministri delle finanze perché riduce il gettito dell’IVA e delle accise sui carburanti; i ministri dell’ambiente perché di conseguenza si riducono gli stanziamenti dei loro bilanci e non possono più sovvenzionare le fonti energetiche alternative nell’ottica dello «sviluppo sostenibile»; i sindaci, i presidenti di regione e di provincia perché non possono più distribuire ai loro elettori i contributi statali per le fonti alternative; le aziende municipalizzate e i consorzi di gestione rifiuti perché diminuiscono gli introiti delle discariche e degli inceneritori; i gestori di reti di teleriscaldamento alimentate da inceneritori, perché devono rimpiazzare la carenza di combustibile derivante da rifiuti (che ritirano a pagamento) con gasolio (che devono comprare).

Ma non è tutto.

Facendo diminuire la domanda di vasetti di plastica e di imballaggi in cartoncino, l’autoproduzione dello yogurt fa diminuire ulteriormente la domanda di petrolio. Sia quello che serve per produrre la plastica (due chili di petrolio per chilo di plastica), sia quello che serve per il carburante necessario a trasportare vasetti e imballaggi dalle fabbriche in cui vengono prodotti alle fabbriche in cui viene prodotto industrialmente lo yogurt. Comporta quindi una ulteriore diminuzione delle emissioni di CO2 e del prodotto interno lordo.

Ciò disturba una seconda volta i ministri delle finanze e dell’ambiente, i sindaci, i presidenti di regione e di provincia per le ragioni già dette.

Ma non è tutto.

I fermenti lattici contenuti nello yogurt fresco autoprodotto arricchiscono la flora batterica intestinale e fanno evacuare meglio. Le persone affette da stitichezza possono iniziare la loro giornata leggeri come libellule. Pertanto la qualità della loro vita migliora e il loro reddito ne ha un ulteriore beneficio, perché non devono più comprare purganti. Ma ciò comporta una diminuzione della domanda di merci e del prodotto interno lordo. Anche i purganti prodotti industrialmente e acquistati attraverso i circuiti commerciali, per arrivare nelle case dei consumatori percorrono migliaia di chilometri. La diminuzione della loro domanda comporta dunque anche una ulteriore diminuzione dei consumi di carburante e un ulteriore decremento del prodotto interno lordo.

Ciò disturba una terza volta i ministri delle finanze e dell’ambiente, i sindaci, i presidenti di regione e di provincia per le ragioni già dette.

Ma non è tutto.

La diminuzione della domanda di yogurt, di vasetti di plastica e di imballaggi in cartoncino, di purganti e della quantità di rifiuti, comporta una riduzione della circolazione degli autotreni che li trasportano e, quindi, una maggiore fluidità del traffico stradale e autostradale. Gli altri autoveicoli possono circolare più velocemente e si riducono gli intasamenti. Di conseguenza migliora la qualità della vita. Ma diminuiscono anche i consumi di carburante e si riduce il prodotto interno lordo.

Ciò disturba una quarta volta i ministri delle finanze e dell’ambiente, i sindaci, i presidenti di regione e di provincia per le ragioni già dette.

Ma non è tutto.

La diminuzione dei camion circolanti su strade e autostrade diminuisce statisticamente i rischi d’incidenti. Questo ulteriore miglioramento della qualità della vita indotto dalla sostituzione dello yogurt prodotto industrialmente con yogurt autoprodotto, comporta una ulteriore diminuzione del prodotto interno lordo, facendo diminuire sia le spese ospedaliere, farmaceutiche e mortuarie, sia le spese per le riparazioni degli autoveicoli incidentati e gli acquisti di autoveicoli nuovi in sostituzione di quelli non più riparabili.

Ciò disturba una quinta volta i ministri delle finanze e dell’ambiente, i sindaci, i presidenti di regione e di provincia per le ragioni già dette.

Il Movimento per la Decrescita Felice si propone di promuovere la più ampia sostituzione possibile delle merci prodotte industrialmente ed acquistate nei circuiti commerciali con l’autoproduzione di beni. In questa scelta, che comporta una diminuzione del prodotto interno lordo, individua la possibilità di straordinari miglioramenti della vita individuale e collettiva, delle condizioni ambientali e delle relazioni tra i popoli, gli Stati e le culture.

La sua prospettiva è opposta a quella del cosiddetto «sviluppo sostenibile», che continua a ritenere positivo il meccanismo della crescita economica come fattore di benessere, limitandosi a proporre di correggerlo con l’introduzione di tecnologie meno inquinanti e auspicando una sua estensione, con queste correzioni, ai popoli che non a caso vengono definiti «sottosviluppati».

Nel settore cruciale dell’energia, lo «sviluppo sostenibile», a partire dalla valutazione che le fonti fossili non sono più in grado di sostenere una crescita durevole e una sua estensione a livello planetario, ne propone la sostituzione con fonti alternative. Il Movimento per la Decrescita Felice ritiene invece che questa sostituzione debba avvenire nell’ambito di una riduzione dei consumi energetici, da perseguire sia con l’eliminazione di sprechi, inefficienze e usi impropri, sia con l’eliminazione dei consumi indotti da un’organizzazione economica e produttiva finalizzata alla sostituzione dell’autoproduzione di beni con la produzione e la commercializzazione di merci.

Questa prospettiva comporta che nei paesi industrializzati si riscoprano e si valorizzino stili di vita del passato, irresponsabilmente abbandonati in nome di una malintesa concezione del progresso, mentre invece hanno prospettive di futuro più ampie degli stili di vita moderni che li hanno sostituiti, non solo nei settori tradizionali dei bisogni primari, ma anche in alcuni settori tecnologicamente avanzati e cruciali per il futuro dell’umanità, come quello energetico, dove la maggiore efficienza e il minor impatto ambientale si ottengono con impianti di autoproduzione collegati in rete per scambiare le eccedenze.

Nei paesi lasciati in stato di indigenza dalla rapina delle risorse che sono state necessarie alla crescita economica dei paesi industrializzati, un reale e duraturo miglioramento della qualità della vita non potrà esserci riproducendo il modello dei paesi industrializzati, ma solo con una crescita dei consumi che non comporti una progressiva sostituzione dei beni autoprodotti con merci prodotte industrialmente e acquistate. Una più equa redistribuzione delle risorse a livello mondiale non si potrà avere se la crescita del benessere di questi popoli avverrà sotto la forma crescita del prodotto interno lordo, nemmeno se fosse temperata dai correttivi ecologici dello «sviluppo sostenibile». Che del resto è un lusso perseguibile solo da chi ha già avuto più del necessario da uno sviluppo senza aggettivi.

Per aderire al movimento è sufficiente
- autoprodurre lo yogurt o qualsiasi altro bene primario: la passata di pomodoro, la marmellata, il pane, il succo di frutta, le torte, l’energia termica e l’energia elettrica, oggetti e utensili, le manutenzioni ordinarie;
- fornire i servizi alla persona che in genere vengono delegati a pagamento: assistenza dei figli nei primi anni d’età, degli anziani e dei disabili, dei malati e dei morenti.
L’autoproduzione sistematica di un bene o lo svolgimento di un servizio costituisce il primo grado del primo livello di adesione. I livelli successivi del primo grado sono commisurati al numero dei beni autoprodotti e dei servizi alla persona erogati. L’autoproduzione energetica vale il doppio.
Il secondo grado di adesione è costituito dall’autoproduzione di tutta la filiera di un bene: dal latte allo yogurt; dal grano al pane, dalla frutta alla marmellata, dai pomodori alla passata, dalla gestione del bosco al riscaldamento. Anche nel secondo grado i livelli sono commisurati al numero dei beni autoprodotti e la filiera energetica vale il doppio.

La sede del Movimento per la Decrescita Felice viene stabilita presso….. (preferibilmente un’azienda agricola, o un laboratorio artigianale, o un servizio autogestito, o una cooperativa di autoproduzione, una bottega del commercio equo e solidale, ecc.)
Lo yogurt prodotto industrialmente e acquistato attraverso i circuiti commerciali, per arrivare sulla tavola dei consumatori percorre da 1.200 a 1.500 chilometri, costa 5 euro al litro, viene confezionato al 95 per cento in vasetti di plastica quasi tutti monouso, raggruppati in imballaggi di cartoncino, subisce trattamenti di conservazione che spesso non lasciano sopravvivere i batteri da cui è stato formato.
(sett. 2004)

...





Bene, autoprodurre lo yoghurt è solo il primo passo. Poi ho cominciato a fare le marmellate, le conserve, i succhi di frutta e a posto dei soliti biscotti (che non sai mai cosa ci mettono dentro, che fanno centinaia e migliaia di chilometri, che fanno utilizzo di imballaggi non biodegradabili, ecc.) per la colazione ho cominciato a fare i muffin, i ciambelloni, le crostate e biscotti vari. Ma di questo ne parlerò un'altra volta.



(no, non sono bruciate, sono strappieni di cioccolato :)


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