giovedì 21 agosto 2014

Sole, mare e ranocchi


In sintesi è stata questa la nostra giornata oggi: mare, sole sabbia. 

Correre è...


Oggi, dopo un pausa di due mesi, ho ripreso a correre. Correre per me, più che un allenamento fisico, è un continuo allenamento della mente, della volontà. Puoi se vuoi, è tutto li. 
Correre è rafforzare la volontà e la tenacia. 
Correre è non accettare nessuna sconfitta. 
Correre è capire i propri limiti e superarli. 
Correre è un dialogo continuo con se stessi. 
Correre è superare la paura. 
Correre è perseverare. 
Correre è risolvere problemi fisici e conflitti interiori. 
Correre è star bene. 
E chi ha parlato solo di avere un sedere tonico? :)

domenica 17 agosto 2014

Il mio giardino abbandonato

Rientro, in punta di piedi, in questo mio piccolo giardino da troppo tempo abbandonato. Vorrei tanto ricominciare a curarlo, a renderlo vitale e rigoglioso come ai vecchi tempi. E' che mi manca...
Inizierò con pochi semplici gesti cercando di ricreare una certa familiarità e regolarità raccontando piccoli accadimenti o non accadimenti con i mezzi con cui mi esprimo meglio, cioè per immagini. Un diario, o quasi.

Oggi: sole, spiaggia, bimbi, un libro ritrovato in cantina e letto 14 anni fa.


Sarà un caso o è il mio subconscio che gioca con me ma anche il romanzo di Banana Yoshimoto, riletto oggi sulla spiaggia, inizia con un giardino, elevato quasi a ruolo di personaggio. Ecco l'incipit:

IL GIARDINO DI MANAKA.
Sin da piccola ho sempre amato il giardino di casa mia. Non era particolarmente grande, ma in rapporto alle dimensTRAioni della casa ricopriva una superficie abbastanza ampia.
Mia madre era appassionata di giardinaggio, così c’erano svariate piante dai frutti commestibili, pietre ornamentali disposte in forme complicate, e alberi che davano fiori in ogni stagione. Perciò il giardino aveva diverse facce.
E in quel piccolo mondo c’erano molti posti dove potevo sentirmi a mio agio. Il giardino mi era molto caro, e da bambina mi sedevo o mi stendevo direttamente per terra con tutti i vestiti. 

Poi, diventata grande, quando avevo il tempo di sedermi in giardino, portavo sempre con me una stuoia da mettere sotto e qualcosa da bere.
Stai lì senza fare niente eppure non ti annoi, si stupivano mia madre, mio padre e Hiroshi, e io davvero non mi annoiavo: guardavo il cielo così vasto, poi il muschio e le formiche ai miei piedi, e quando tornavo di nuovo a guardare il cielo, il suo colore e la posizione delle nuvole erano cambiati. Osservavo per un po’ queste impercettibili trasformazioni del mondo, poi guardavo la luce che colpiva la mia mano, e in questo modo il tempo passava a una velocità impressionante.
A forza di guardare nel corso degli anni sempre lo stesso paesaggio, ogni tanto quando ero lì mi capitava di non sapere più che età avevo. Seduta con la schiena appoggiata a una roccia, alzavo lo sguardo verso il cielo, i grandi rami e le foglie, e poi lo posavo sulle formiche, i ciottoli, la terra. Così facendo finivo col perdere anche il senso delle mie dimensioni fisiche, e questo mi dava una grande felicità. A volte, quando mia madre tornava dalla spesa e mio padre rientrava dal lavoro prima del solito, mi trovavano in giardino. I miei genitori sapevano per esperienza che quando il tempo era bello non mi piaceva stare in camera. Nelle belle giornate ero già una parte del giardino. Entrando dal cancello, mi salutavano senza nessuna sorpresa.
A volte veniva anche Hiroshi. Ma lui non entrava mai dal cancello. Scavalcava la palizzata di bambù. Siccome non ci vedeva molto bene, mi guardava sempre con un’espressione incerta, socchiudendo gli occhi per essere sicuro che fossi io. Sorridevo. Anche lui sorrideva. Tutta la nostra storia, da quando ci eravamo incontrati la prima volta, dall’infanzia fino all’età adulta, è scritta in quel sorriso. Quando si fa la stessa cosa per molto tempo, si crea una strana profondità. I nostri sorrisi ne sono un perfetto esempio. In un attimo siamo attraversati da una comunicazione così profonda che è impossibile immaginare qualcosa di più nuovo e più bello.
Quando questo accade, mi sembra davvero di trovarmi in un luogo senza pareti e senza soffitto. Noi, abbandonati da tutto, incluso lo scorrere del tempo, soli al mondo, ci guardiamo negli occhi. Mi sembra di sentire una musica, di aspirare il fresco odore dell’erba. Solo i sensi, solo i nostri spiriti, in questo mondo senza pareti, sotto questo cielo immenso, si confrontano. Senza età, senza distinzione di sesso, con una sensazione di solitudine, ma di grande spazio.
Quando, dovunque io sia, vengo presa dall’inquietudine, nel mio spirito ritorno al giardino. Il giardino è il punto dal quale sono partite le mie sensazioni, lo spazio, eternamente immutabile, dove trovo la misura delle cose.
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